È una domanda che mi viene posta sempre più spesso. Ma per rispondere compiutamente è doveroso fare una premessa.
Perché un sistema costruttivo caratterizzato da un materiale come il laterizio, utilizzato fin dal 5000 a.c. in costruzioni di ogni genere, alcune ancora visibili ed integre ai giorni nostri (la cupola di Santa Maria del Fiore a Firenze, la Basilica di Sant’Ambrogio a Milano, il Palazzo Ducale di Urbino o l’acquedotto romano per citarne alcuni noti) cede il passo a nuove materiali fino ad ora ignorati o impiegati solo parzialmente?
La risposta per me è abbastanza evidente: la richiesta di migliore performance termiche, che ha caratterizzato e stravolto il sistema costruttivo della fine del XX secolo, ha portato alla diffusione e all’utilizzo incondizionato del laterizio porizzato (termolaterizio). Ciò è avvenuto senza adeguata analisi ed approfondimenti su questo nuovo sistema costruttivo. Troppo spesso sono stati costruiti edifici in termolaterizio con malte di allettamento inadeguate ed intonaci che, per esigenze di mercato, facevano ricorso eccessivo al cemento, tralasciando un altro materiale “nobile” presente invece nelle costruzioni in laterizio del passato: la calce.
Questa defezione, abbinata alla scarsa considerazione dei ponti termici, ha prodotto un risultato noto ai più: muffe causate da ponti termici e dalla mancanza di traspirazione delle pareti (come può un materiale avente la densità di ca 800 kg/mc, come il laterizio porizzato, trasmettere umidità all’esterno attraversando un materiale, l’intonaco premiscelato, avente una densità di oltre 1000 kg/mc?), cavillature ed altri inestetismi.
Ma non è stato il laterizio moderno a fallire. Siamo stati noi, con le nostre scelte avventate, a compromettere un sistema costruttivo di indubbia e comprovata valenza. Oggi, finalmente, abbiamo preso atto di questi errori/orrori ed abbiamo ricominciato a “costruire come madre natura insegna”.
Fatta questa doverosa premessa, andiamo ad analizzare i vari aspetti dei due tipi di costruzione in trattazione. Cercherò di farlo nel modo più comprensibile possibile, evitando tecnicismi e tralasciando alcuni concetti strettamente scientifici che, comunque, non condizionerebbero l’esito complessivo. Detti aspetti li possiamo riassumere in sei capoversi:
La costruzione in laterizio, che da questo momento in poi la consideriamo nella sua corretta applicazione, è una costruzione che si manifesta in tutto il suo periodo di realizzo. Un periodo che richiede tempi di posa, asciugatura e maturazione.
Durante questo periodo spesso intervengono nuove esigenze della committenza che modificano ed aggiornano il progetto originario, a volte allungando i tempi di realizzo.
Le costruzioni in legno avvengono invece con il sistema di prefabbricazione: un sistema costruttivo che non prevede tempi di asciugatura o maturazione e che non lascia spazi a variazioni in corso d’opera.
La scelta tra un sistema costruttivo o l’altro è fortemente condizionata anche da questo fattore (tempo di esecuzione) anche se spesso non viene quantificato correttamente.
Siamo disposti di sacrificare la possibilità di modifiche in corso d’opera, dando per scontata la completa comprensione dell’opera in fase di progetto, a fronte di una notevole riduzione dei tempi di realizzo?
Quella che stiamo facendo è una scelta tra due materiali o tra due tecniche costruttive? Perché, nel secondo caso, si aprirebbero molti altri scenari che rimanderemo ad altri articoli.
Le performance che un edifico deve raggiungere sono essenzialmente tutte normate. Tranne una che è anche effetto delle altre: il comfort.
Le norme di carattere termico sono conseguenza di direttive Europee, troppo spesso espressione di quei paesi che occupano la parte centrale del nostro continente. Peccato che il nostro bel paese sia nella parte meridionale dell’Europa: Roma è più vicina a Tunisi che a Monaco di Baviera. In termini geografici: l’Europa è compresa tra il 35° ed il 71 ° parallelo; l’Italia è compresa tra il 37° (Pantelleria) ed il 47° (Alto Adige).
Di conseguenza queste norme vincolano le performance dei nostri edifici soprattutto nel regime invernale, tralasciando analoghe prescrizioni in regime estivo. Questo ha condizionato fortemente anche la nostra capacità di riflessione: per la maggior parte di noi l’efficienza di un edificio è quella in regime invernale (pensiamo a quali sarebbero le soluzioni che ci fanno risparmiare d’inverno), senza considerare che oramai abbiamo una richiesta di comfort sempre più pressante in estate. Tant’è che, nel nostro paese, dal 2011 si spende più per raffrescare che per riscaldare ed il mercato dei condizionatori è in crescita costante.
Fatte queste premesse è intuibile a tutti che il legno ha caratteristiche più performanti in termini di isolamento termico rispetto al laterizio: quando dobbiamo difenderci dal freddo, il legno è sicuramente il materiale più idoneo.
Ma possiamo dire altrettanto quando dobbiamo difenderci dal caldo? Il surriscaldamento degli edifici avviene per effetto dell’azione antropica all’interno degli stessi: mancato “sbarramento” dei raggi solari, attività quotidiane, presenza ed attività degli elettrodomestici, impossibilità di ventilazione (l’aria esterna è più calda di quella interna), ecc. Raramente il surriscaldamento avviene per altre cause dipendenti dalle condizioni esterne.
Per mitigare il surriscaldamento abbiamo quindi bisogno di massività: serve qualcosa che aiuti l’aria interna a trasferire calore abbassando la propria temperatura. Come anticipato in premessa, non è questa la sede per una dimostrazione scientifica, ma è sufficiente risvegliare il nostro sapere inconscio: le vecchie case in sasso sono o non sono fresche indipendentemente dalla temperatura esterna? Se stiamo visitando una città in un torrido pomeriggio di luglio, andiamo a rinfrescarci dentro una chiesa (costruita e rifinita con strutture altamente massive) o dentro un chiosco in legno?
Se parliamo quindi di performance termiche, un materiale è sicuramente più idoneo a difenderci dal freddo, l’altro a difenderci dal caldo.
Ovviamente si può sopperire alle carenze prestazionali dei materiali con gli accorgimenti impiantistici. Ma è doveroso evidenziare che quello demandato alle macchine è un comfort spesso effimero e costoso.
Questi due sono argomenti estremamente delicati per i quali mi limito a due semplici enunciazioni, con la presunzione di stimolare dirette riflessioni e considerazioni.
Una struttura più leggera subisce minor effetto sismico di una più pesante. E qui abbiamo già detto tutto.
Ma la sicurezza non può essere valutata solo sotto l’aspetto sismico. Soprattutto in questi tempi in cui eventi catastrofali di altro genere si verificano sempre più spesso.
Per questo argomento non basterebbero pagine e pagine di riflessioni e considerazioni. Mi limito a farne una con l’ambizione di riassumerle tutte: conoscete prodotti che a parità di qualità e servizio hanno prezzi tanto diversi? Io direi di no. Se non altro perché, se avessimo prodotti analoghi a valori di produzione diversi, il mercato porterebbe all’equivalenza dei prezzi.
L’esperienza maturata nel campo mi consentirebbe di esprimere una preferenza. Ma verrebbe meno il valore di questo documento e la sua volontà di far riflettere il lettore.
Siamo nell’era del “tutto e subito” e questo sembrerebbe giocare a favore delle strutture lignee in quanto “prefabbricate” (argomento del primo capitolo).
E siamo nell’era della digitalizzazione dove sembra che tutte le risposte siano a disposizione di tutti. Niente di più falso visto che nella rete avviene la più grande diffusione di mala informazione. Ecco perché con questo scritto intendo suggerire riflessioni e non dare risposte.
E l’informazione scorretta è utilizzata da chi intende promuove un sistema costruttivo solo per il proprio ritorno economico. Alcuni esempi ricorrenti di informazione scorretta:
Venezia poggia su palafitte in legno. Vero, ma si tratta di palafitte in castagno completamente immerse e non soggette agli agenti atmosferici.
In America costruiscono edifici in legno. Vero in quanto materiale in ampia disposizione e quindi a costi contenuti. Ma chi può permetterselo, utilizza materiali più duraturi nel tempo (nelle aree “ricche” degli States gli edifici residenziali uni/bi familiari sono tutti in laterizio).
È forse uno scontro tra tradizione e innovazione? Sicuramente no. Sia la tradizione e l’innovazione sono proprie di entrambi i sistemi costruttivi. Anzi, è proprio l’innovazione applicata alla tradizionalità di certe tecniche costruttive a renderli due sistemi perfettamente attuabili
Il laterizio è il prodotto della “cottura” dell’argilla. Combustione non va molto d’accordo con sostenibilità ma è anche vero che le moderne fornaci sono dotate di sofisticati sistemi di filtraggio dei residui della combustione.
Per contro anche il legno da costruzione, per garantirne durabilità, viene trattato con sostanze chimiche come solventi, fungicidi ed insetticidi. Inoltre alcune tipologie strutturali, come l’X-Lam, necessitano di incollaggio e, di conseguenza, conservano al capacità nel tempo di emettere formaldeide.
Meglio quindi le costruzioni in legno o quelle in laterizio? La domanda stessa nasconde una lacuna troppo spesso ignorata: non esiste un materiale “panacea” e, soprattutto, non esiste un materiale cha abbia caratteristiche tali da sopperire alle carenze di progetto.
E questo è uno dei concetti base della bioclimatica: non esiste un materiale per “ogni occasione”. La scelta del materiale deve avvenire dopo un’attenta analisi del contesto e delle condizioni climatiche che lo caratterizzano.
Niente di nuovo se andiamo a vedere come si è sempre costruito nella storia. Solo che oggi sembra che abbiamo dimenticato i concetti primordiali del costruire. O forse abbiamo dimenticato l’importanza del progetto inteso come trasformazione del territorio per adeguarlo alle esigenze dell’uomo. E quel territorio meno che lo si trasforma e meno avremo problemi con esso.
Per ulteriori precisazioni, chiarimenti o dettagli, rimango a disposizione.
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